Intervista al Dott. Roberto Menci

Il Dott. Roberto Menci, laureato in
Medicina e Chirurgia presso l'Università di Firenze, Specializzato in
Clinica Pediatrica e in Chirurgia Pediatrica è stato Titolare del Modulo
di Terapia Clinica Nutrizionale dell’Ospedale “A. Meyer” di Firenze dal
1997 al 2002, e Responsabile del Centro di Riferimento Regionale
Toscano per la Nutrizione Clinica Pediatrica dal 1999 al 2005,
Inotre
è stato Responsabile del Team Nutrizionale dell’Ospedale “A. Meyer” di
Firenze dal 1997 al 2002, Direttore del Servizio Nutrizionale
dell’Ospedale “A. Meyer” di Firenze dal 2002 al 2005 e Direttore del
Team Nutrizionale Pediatrico Regionale dal 2001 al 2005.
Contemporaneamente
ha svolto sempre un importante attività di docenza che lo ha visto
impegnato come Professore a contratto all'Università di Firenze per
l’insegnamento di Nutrizione Clinica Pediatrica per la Scuola di
Specializzazione in Pediatria fino al 2009 e per l’insegnamento di
Nutrizione Artificiale in Pediatria per il diploma di Laurea in
Dietistica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia fino al 2009. E’
stato anche docente in Master di “Nutrizione Artificiale”, Master di
“Alimentazione Clinica e Dietetica” dell’Università di Siena e Master su
“I disturbi del comportamento alimentare” dell’Università di Firenze.
E’
Membro del Consiglio Direttivo della Sezione Toscana della Società
Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (A.D.I.) fino al 2010 e
membro di numerose altre associazioni e società scientifiche
(S.I.N.P.E., S.I.N.U, E.S.P.E.N., S.I.P., CHILD).
Ha partecipato in qualità di docente, moderatore e relatore a numerosi Corsi di aggiornamento e Convegni su temi di Nutrizione.
E’ autore di numerose pubblicazioni su argomenti di Nutrizione Clinica.
Dottor
Menci, da specialista di pediatria ed esperto di nutrizione clinica
pediatrica ci può fare un quadro attuale relativamente a sovrappeso e
obesità nell’età infantile e adolescenziale?
L’obesità
essenziale rappresenta attualmente uno dei più diffusi disturbi
dell’accrescimento e della nutrizione che interessa l’età pediatrica ed
adolescenziale nei paesi economicamente più sviluppati.
L’obesità
infantile è, inoltre, responsabile di circa il 30% dell’obesità
dell’età adulta e persiste nell’età adulta in oltre un 80% degli
adolescenti. La patogenesi dell’obesità è ancora oggi un fenomeno non
del tutto chiarito.
L’obesità
è associata, nei bambini e negli adolescenti, con un aumento dei
fattori di rischio cardiovascolare, alterazioni endocrine, problemi
psicologici, problemi ortopedici, patologie gastrointestinali o
epatiche. Tutte queste situazioni patologiche, sempre più comuni tra i
pazienti obesi, costituiscono un elevato rischio nella popolazione
pediatrica. La familiarità di sovrappeso/obesità è un importante fattore
predittivo dello sviluppo di obesità in età adulta, più che il rapporto
peso/statura attuale del bambino. Vi sono dei periodi della vita
“critici” per lo sviluppo ed il mantenimento di un eccesso ponderale.
L’esclusività e la durata dell’allattamento al seno sono state associate
inversamente con il rischio di sviluppare obesità nell’infanzia; vi
sono infatti evidenze che l’allattamento al seno per almeno quattro mesi
rappresenti un fattore protettivo nei riguardi dell’obesità. I
possibili meccanismi che favoriscono lo sviluppo di sovrappeso nei
bambini allattati artificialmente sono: un aumento della produzione di
insulina e di IGF-1, uno scarso autocontrollo dell’apporto energetico.
Anche
una dieta iperproteica nel primo anno di vita ed uno svezzamento
precoce (introduzione di alimenti solidi diversi dal latte prima del
quinto mese) sembrano essere correlati con il successivo sviluppo di
obesità. Un altro momento critico per lo sviluppo di obesità è
l’adiposity rebound; infatti dopo i primi mesi di vita (quarto-sesto
mese), periodo in cui la massa grassa rappresenta circa il 25% del peso
corporeo totale, si ha un decremento graduale della massa grassa fino
all’età di sei anni quando questa raggiunge la percentuale più bassa;
successivamente si ha un nuovo incremento fisiologico della massa grassa
(adiposity rebound) fino al termine dello sviluppo puberale. Bambini
che presentano un “early adiposity rebound”, ovvero un precoce
incremento dell’adiposità prima che sia avvenuta la sua fisiologica
riduzione fino alla percentuale minima, hanno un elevato rischio di
sviluppare obesità.
L’obesità
secondaria (di origine endocrina, neurologica, malformativa) non è
molto frequente nei bambini: in più del 90% di essi si tratta dei casi
di obesità essenziale. Circa un terzo dei bambini obesi presenta
un’obesità progressiva: questi bambini sviluppano obesità precocemente
mostrando, appunto, un progressivo incremento ponderale con un
allontanamento dai limiti superiori della norma. L’incremento ponderale
inizia alla prima infanzia ed aumenta gradualmente; vi è anche una
tendenza verso un aumento della massa magra ed un’accelerazione
dell’andamento della crescita. La statura finale dei bambini obesi è
nella media normale, comunque sembra superiore alla statura bersaglio,
ovvero all’altezza attesa in base a quella dei genitori.
La
maggior parte dei bambini fortemente sovrappeso soffre di un’obesità
reattiva: l’insorgenza dell’obesità è più tardiva, apparentemente in
risposta a stress emozionali, la massa magra è normale così come
l’andamento della crescita.
In Italia, a livello epidemiologico, com’è la situazione?
L’obesità
attualmente è uno degli stati patologici più diffusi, al punto di
essere considerata quasi un’epidemia nei paesi industrializzati; ma oggi
è presente anche in quelli in via di sviluppo.
Attualmente
le persone adulte obese in Italia sono circa quattro milioni,
l’incremento stimato dal 1994 è del 25%. I soggetti sovrappeso sono
oltre quindici milioni, non registrando però un incremento significativo
dal 1994. In termini di prevalenza l’Italia presenta livelli di obesità
in linea con i dati registrati negli altri paesi europei, però si
mantiene a livelli più bassi per quanto riguarda il solo sovrappeso.
Mentre l’obesità colpisce in modo uguale uomini e donne, il sovrappeso è
presente nel 42% degli uomini e nel 25,7% delle donne.
Per
quanto riguarda l’età infantile, nonostante la carenza di statistiche
ufficiali e coerenti a livello europeo, secondo i parametri della
International Obesity Taskforce in Europa più di un bambino su tre
(circa il 36%) ha problemi di peso. In Europa il sovrappeso in età
scolare cresce al ritmo di circa 400.000 casi l’anno; l’Italia è
attualmente ai primi posti in Europa per il numero di bambini sovrappeso
ed i dati sembrano destinati a peggiorare. Il più alto numero di
bambini sovrappeso in Italia riguarda la fascia d’età compresa tra i
sette e gli undici anni, la percentuale più alta è soprattutto nel sesso
maschile; in particolare nel 2001 tali percentuali sono di circa il 27%
per il sesso maschile e del 21% per il sesso femminile, valori, questi,
che sono decisamente alti rispetto ad altri paesi europei quali la
Francia e la Germania con percentuali più basse (rispettivamente il 19%
ed il 14% per entrambi i sessi). Dal 30% al 60% dei casi i bambini obesi
mantengono l'eccesso ponderale in età adulta e presentano più
frequentemente alterazioni metaboliche e complicanze rispetto
all'obesità che si manifesta in età adulta.
L'adulto
che è obeso fin dall'età evolutiva avrà un maggior rischio di mortalità
e morbilità rispetto ad un suo coetaneo che non era obeso quando in età
pediatrica. La probabilità che l’obesità infantile persista anche
nell’età adulta aumenta gradualmente da un 20% a quattro anni ad un 80%
nell’adolescenza. Parallelamente all’aumento della prevalenza del
sovrappeso/obesità in età infantile e nell’adolescenza è aumentata anche
la prevalenza del diabete mellito di tipo 2 in queste fasce d’età.
Quali analisi, valutazioni e strumenti sono importanti per il monitoraggio di questa patologia?
Nell’approccio
all’obesità infantile risulta fondamentale la valutazione della
composizione corporea del bambino o dell’adolescente ed è quindi
importante saper scegliere ed applicare le metodiche idonee a valutare
la quantità e la distribuzione della massa adiposa.
Lo
studio antropometrico costituisce un metodo utile per la
monitorizzazione delle variazioni nel tempo della composizione corporea.
Seguire nel tempo la variazione dei parametri antropometrici del
bambino permette di ottenere informazioni sulla crescita, sul trofismo
dei tessuti, sulle alterazioni del peso, sugli indici di adiposità e di
muscolatura. Questi dati possono essere utilizzati per la prevenzione
dell’eccesso ponderale, nonché per la diagnosi ed il monitoraggio del
bambino sovrappeso-obeso.
I
parametri antropometrici che permettono, insieme all’esame obiettivo
generale, di valutare la composizione corporea del bambino sono:
• peso e statura
• circonferenza cranica e toracica
• circonferenza degli arti
• circonferenza della vita e dei fianchi
• pliche cutanee
A questi vanno aggiunti:
• indice creatinina-altezza
• bioimpedenziometria
Ci può descrivere nel dettaglio come effettuare questo tipo di analisi e quali sono le indicazioni che forniscono?
La
rilevazione di peso, statura ed IMC (Indice di Massa Corporea) è la
metodica antropometrica più utilizzata, infatti è veloce, semplice e
richiede poca esperienza dell’operatore che la esegue. La misurazione
del peso dovrebbe essere, preferibilmente, eseguita con bilance a pesi
mobili con approssimazione ≤100g. La statura è misurata con lo
stadiometro. L’Indice di Massa Corporea (IMC) (o Body Mass Index - BMI) è
calcolato attraverso la seguente formula: IMC = peso(kg) / altezza²
(m²). I dati antropometrici di peso, statura, indice di massa corporea,
nel bambino devono essere riferiti all’età, al sesso ed al periodo di
osservazione, questo è possibile attraverso l’utilizzo dei percentili di
appartenenza. In tal modo è possibile ottenere indicazioni attendibili
sull’assetto somato-ponderale e sulle sue variazioni consentendo una
prima, rapida valutazione dello “stato nutrizionale” e degli interventi
dietoterapici messi in atto.
Una
valutazione basata esclusivamente sulle rilevazioni di peso, altezza
con conseguente calcolo dell’IMC risulta incompleta se non, in alcuni
casi, addirittura fuorviante; infatti l’IMC è un indice che non permette
di valutare la composizione corporea al fine di capire se l’eccesso di
massa riguarda effettivamente la sola massa adiposa o anche quella
muscolare.
I valori
relativi alle aree adipose e muscolari degli arti costituiscono dati
basilari per la valutazione della composizione corporea. Il metodo più
comunemente utilizzato per la valutazione del grasso corporeo è la
plicometria cutanea: questa ha lo scopo di rilevare lo spessore dello
strato adiposo sottocutaneo in diversi distretti e si basa sul
presupposto che il grasso cutaneo è rappresentativo del grasso corporeo
totale. Lo strumento utilizzato è il plicometro di Holtein o quello di
Harpander che permette di determinare la plica adiposa sottocutanea. La
misurazione delle pliche adipose sottocutanee può essere effettuata in
numerose sedi del corpo, solitamente quelle più utilizzate sono:
- la plica tricipitale
- la plica bicipitale
- la plica ascellare media
- la plica sottoscapolare
- la plica sovrailiaca
- la plica mediale della coscia
Lo
spessore adiposo può essere messo in relazione con le masse muscolari
corrispondenti, per ottenere dati utili sul trofismo tissulare e sui
rapporti fra massa grassa e massa magra; a tale scopo sono importanti i
valori delle pliche tricipitali, sottoscapolari e sovrailiache.
La
plicometria è un metodo difficilmente replicabile poiché la modalità di
definizione della plica cutanea dipende dall’interpretazione e
dall’esperienza dell’esaminatore. La rilevazione delle pliche adipose è
di difficile applicazione nei neonati e nei lattanti.
Le
circonferenze corporee permettono una valutazione delle distribuzione
del grasso nei vari distretti corporei, se combinate con i dati rilevati
con la plicometria e la crescita scheletrica attraverso misurazioni
delle circonferenze cranica e toracica. Lo strumento di misurazione è
costituito da un metro flessibile ed anelastico che deve aderire alla
cute senza comprimere i tessuti sottostanti. Le circonferenze
maggiormente utilizzate sono:
- la circonferenza del polso
- la circonferenza del braccio
- la circonferenza della vita
- la circonferenza dei fianchi.
- la circonferenza della coscia.
A
partire da una plica e dalla circonferenza corrispondente di un arto è
possibile calcolare la aree muscolo-adipose dell’arto stesso; le
circonferenze muscolari del braccio e della coscia permettono una
valutazione indiretta, sia pure approssimativa, della massa cellulare
muscolare dell’organismo. Calcolando con un opportuna formula le aree
sagittali del braccio, sarà poi possibile ottenere e comparare l’area
adiposa e quella muscolare.
È
bene sottolineare che i dati rilevati con la plicometria non hanno un
valore assoluto per la determinazione della composizione corporea, ma
traggono valore dal loro confronto con successive misurazioni. Le
circonferenze e le pliche possono essere misurate, naturalmente, da
entrambi i lati del corpo: attualmente viene considerato opportuno
scegliere il lato non dominante del soggetto.
La bioimpedenziometria corporea o BIA (Body Impedance Analysis) invece è una tecnica
che,
tramite l’utilizzazione di un impedenziometro, consente il rilevamento
di dati importantissimi per la valutazione della composizione corporea,
non rilevabili con altre metodiche. Questo apparecchio permette di
misurare la “bioimpedenza” attraverso l’applicazione transcutanea di
corrente elettrica alternata che trova la resistenza nei liquidi intra-
ed extracellulari e la reattanza nella membrana cellulare. Lo strumento
consente di rilevare la composizione corporea in modo rapido e non
invasivo.
L’esame
consente di rilevare una serie di dati sulla composizione corporea
(valutazione della massa magra e della massa grassa e loro rapporto,
distinzione tra massa non grassa e massa cellulare metabolicamente
attiva (massa muscolare), distrettualità del tessuto adiposo,
valutazione dell’acqua corporea totale, calcolo dell’acqua
intracellulare ed extracellulare, calcolo del sodio e del potassio
corporei), indispensabili per una precisa valutazione dello stato
nutrizionale e dell’efficacia del trattamento nutrizionale.
Infine
l’indice creatinina/altezza esprime la percentuale di massa muscolare
magra del paziente (poiché l’escrezione urinaria di creatinina nelle
ventiquattro ore risulta proporzionale alla massa magra) rispetto a
quella di un soggetto della stessa altezza e dello stesso sesso valutato
come riferimento.
L'indice
creatinina/altezza comunque trova limitazioni nell'infanzia sia per la
difficoltà di raccogliere con precisione le urine delle ventiquattro
ore, sia per la mancanza di dati standard con i quali confrontare quelli
ottenuti.
A
questo punto un’ultima domanda: quali sono le terapie e i trattamenti
migliori per prevenire e curare l’obesità e le relative complicanze?
Il
trattamento mirato al controllo del peso in età evolutiva deve
“incidere positivamente ed in modo persistente su alimentazione,
comportamento ad attività fisica del bambino” (come indica la SINUPE)
quindi necessariamente deve essere previsto un intervento su tutti e tre
questi livelli.
Gli obiettivi della terapia dietetica possono essere così sintetizzati:
-
riduzione del sovrappeso con riduzione della massa grassa ed il
raggiungimento di un equilibrio tra la spesa energetica e l’introito
calorico (questo sarà possibile attraverso un aumento dell’attività
fisica e la modificazione dello stile di vita e delle abitudini
alimentari e scelta di alimenti capaci di indurre sazietà).
-
mantenimento della massa magra, ovvero della massa muscolare,
compartimento corporeo metabolicamente attivo, in grado di incidere
positivamente sulla spesa energetica totale attraverso un aumento del
metabolismo basale.
-
ottenimento di ritmi di accrescimento adeguati, questo permetterà il
raggiungimento ed il mantenimento, una volta ottenuto, di un rapporto
corretto peso-statura.
-
corretta nutrizione con apporti di nutrienti adeguati ai fabbisogni,
ovvero una quantità di calorie e nutrienti tali da assicurare al bambino
un buono stato di salute e garantire un accrescimento confacente al suo
potenziale genetico ed alla sua età.
Il trattamento dovrà essere indirizzato, nel bambino obeso, anche alla prevenzione delle complicanze dell’obesità stessa.
Il
trattamento del bambino con eccesso ponderale deve essere
necessariamente differenziato in funzione dell’età e del grado di
sovrappeso. Nel bambino di età inferiore ai sette-otto anni, a meno che
non siano già presenti le complicanze dell’obesità, l’obiettivo
fondamentale non è la perdita di peso ma il mantenimento del peso
attuale, evitando un aumento ponderale, in modo che l’accrescimento
staturale migliori il rapporto peso-statura e quindi riduca l’adiposità
relativa. Nel bambino di età superiore ai sette-otto anni, la perdita di
peso è indicata qualora questo presenti un IMC superiore al 97°
percentile per sesso ed età o siano presenti delle complicanze tali da
rendere necessario un più rapido decremento dell’adiposità.
Seguendo
le “Linee Guida Italiane Obesità 1999” l’intervento sul bambino in
eccesso ponderale deve prevedere modificazioni del comportamento
alimentare e dell’attività fisica del bambino, andando ad agire
direttamente sulla famiglia, e contemporaneamente potrà prevedere
modificazioni ambientali che agiscano in modo indiretto sul bambino. Il
primo approccio è caratterizzato principalmente da interventi a
carattere educativo indirizzati a tutta la famiglia ed ha come finalità
quella di far acquisire al bambino la capacità di evitare un’eccessiva
assunzione di cibo, scegliere cibi meno grassi, essere fisicamente più
attivo. Il secondo approccio prevede, invece, un coinvolgimento attivo
dei genitori mirato ad un controllo di quest’ultimi dell’ambiente in cui
vivono i propri figli (alimenti disponibili in casa, attività svolte
nel tempo libero, svolgimento attività sportive organizzate, tempo
passato davanti alla televisione).
Infatti
per ottenere un risultato corretto e duraturo il programma terapeutico
deve riuscire a correggere le abitudini nutrizionali errate e migliorare
lo stile di vita del bambino e della sua famiglia; il presupposto
fondamentale è, quindi, il coinvolgimento e la collaborazione di tutta
la famiglia.
Le componenti di base sono quindi costituite da:
1. cambiamenti nella dieta del bambino.
2. programmi di esercizio fisico.
3. training della famiglia (gli effetti di questo possono persistere per dieci anni dopo il trattamento).
Negli
adolescenti sembra esserci un miglior risultato con un trattamento
individuale, al contrario di quanto accade nei bambini più piccoli,
maggiormente dipendenti dalla famiglia.
Tenendo
conto che l’educazione alimentare deve rappresentare lo strumento
cardine per la riduzione del peso nel bambino, gli interventi dietetici
applicabili sono essenzialmente due:
1. educazione alimentare verso una dieta bilanciata normocalorica
2. dieta ipocalorica bilanciata.
Il
primo intervento è indirizzato a bambini di età inferiore agli otto
anni, a bambini di età superiore agli otto anni con eccesso ponderale
lieve o moderato, in assenza di complicanze associate, a bambini di età
superiore agli otto anni la cui alimentazione abituale risulti
ipercalorica. Il secondo intervento, che rispetto al primo si prefigge
una riduzione del sovrappeso in un periodo relativamente più breve, è
indirizzato a bambini di età superiore a otto anni con obesità di grado
medio-elevato o con eventuale presenza di complicanze.